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La valigia

Viaggiare mi è sempre piaciuto. Conoscere nuovi paesaggi, nuova gente, nuovo cibo. Mi è sempre piaciuto pure tutto il mondo di cose da fare prima della partenza, tra cui preparare la valigia.
Sì, perché preparare la valigia non è solo ammucchiare alla rinfusa quello che abbiamo sottomano. Per me va ben oltre. Vuol dire ritagliarsi un microcosmo da portarci dietro, di abiti, scarpe, accessori, e oggetti più o meno inutili. Vuol dire che quel piccolo mondo ci accompagna nel mondo più grande che conosceremo, e sarà la nostra coperta di Linus, che ci presenterà agli altri. Quindi, sì, mettiamocelo il tubino nero di seta, e poi le scarpe di vernice col tacco, non si sa mai. E pure il costume da bagno: sicuramente troverò un  posto in cui nuotare.
Ma stavolta invece la valigia che devo preparare è di tutt’altra natura: sto per andare in ospedale e non so quanto tempo ci rimarrò. Tutto dipende da come andranno le cose. E allora niente abiti eleganti, gioielli, tacco dodici. Qui il paesaggio cambia. Sarà quello di una stanza, che non so con quante persone dovrò condividere.
E allora niente cose appariscenti, ma sobrie e comode. Eh, già, non potrò certamente fare lunghe scarpinate o balli di gruppo, là!
Però un  piccolo vezzo me lo voglio concedere: la trousse del trucco. Non voglio perdere la mia femminilità. E non voglio nemmeno che i medici che mi visiteranno “dopo” abbiano l’idea di una persona che non si ama più, che ha cancellato la sua voglia di sentirsi bella. Io mi amo ancora, ed è giusto che anche il mondo lo sappia.


     
 
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