Sapevo che il cancro avrebbe fatto irruzione nelle nostre vite con veemenza, sbatacchiandole come si fa con il polpo sullo scoglio, e sapevo che a me sarebbe toccato il compito di ricucire gli strappi dolorosi e di rammendare tutto.
So di dire una cosa che forse molti non condividono, ma prendetela nel suo senso lato. Io dico che il malato è il protagonista della scena, una scena che avrebbe evitato, ma è così. Attorno a lui ci sono tutti coprotagonisti, figure minori, comparse, che non hanno pari dignità. E in questa casuale attribuzione dei ruoli tocca ridare dignità anche a chi ci sta accanto, per evitare che la malattia fagociti tutto e tutti, che lasci più vittime del previsto. Perché a volte anche essere sani può diventare una colpa.
Da giorni vedo mio marito cambiato, più cupo, spaventato. Anche lui ha perso le sue certezze, tra cui quella di illudersi di avermi accanto per sempre. Per sempre: dovremmo capirlo, noi esseri umani, che sulla faccia della terra nulla è per sempre.
E mentre vedo lui cambiare, oltre me, provo tanta tenerezza, la stessa che proverei verso i miei figli. Mi sforzerò di regalargli una vita “quasi” normale, perché la fine non arrivi prima del previsto.