Elisabetta è stata sempre la mia roccia, la mia consigliera, la mia amica, la mia amante, il mio punto fermo. Ci siamo conosciuti all’asilo e l’amicizia che ci ha subito legati si è trasformata nel tempo in qualcosa di più, nell’amore che si consolida nei fatti, in una unione che sapevamo sarebbe durata tutta la vita.
Per noi la vera al dito è stata la naturale conseguenza del fatto che sapevamo di essere fatti l’uno per l’altro. Immaginarmi senza di lei è qualcosa che la mia mente non può concepire. Lei è come l’aria che respiro: è parte di me. Perderla sarebbe come perdere una mano, un braccio, una gamba. E sento che non sarei troppo forte per affrontarlo.
Da quando il cancro è diventato “ospite” della nostra casa sentiamo di essere profondamente cambiati. La nostra prospettiva, il modo di guardarci, di pensarci, si è profondamente modificato. Forse non siamo stati noi a cambiare, ma gli eventi ci hanno resi diversi, senza chiederci il permesso di farlo.
Sento che i ruoli si sono spontaneamente invertiti: ora devo essere io la sua roccia. Voglio farlo, devo farlo, anche se non so se sarò bravo come lo è stata lei in tutti questi anni passati insieme.