Ogni volta che varco la soglia di un ospedale, avverto come l’infrangersi di una barriera invisibile, l’attraversamento di una sottile linea di demarcazione, che segna la differenza tra il fuori e il dentro. Due mondi solo apparentemente uguali, ma che invece sono contraddistinte da mille particolari che li rendono diversi.
Fuori il tempo scorre veloce, sempre più veloce, come se tutto dovesse consumarsi subito, senza pause. Dentro invece le lancette sono come immobili, il tempo scorre lento e ogni giorno sembra fatto di più giorni, con le sue notti infinite, che la sofferenza rende interminabili.Fuori conta l’apparire, fatto dei mille colori di cui ci rivestiamo, pronti a colpire gli occhi più che il cuore di chi ci guarda. Dentro i colori si affievoliscono, sbiadendosi in tonalità tenui, come a non voler affannare lo sguardo dei presenti. È un silenzio dell’apparire a favore di un essere che acquista autonomia.
Dopo aver accettato il ritmo che rallenta comincio ad apprezzare il tempo che mi viene restituito, e godo dello stare da sola con me stessa, accompagnata dai miei pensieri e dall’ombra che propagano. In fondo mi è sempre piaciuta l’idea di reinterpretare positivamente le situazioni, soprattutto quelle più grigie, facendole rinascere così belle da potermi trasmettere gioia.
Anche nei luoghi più inaspettati ci si può ritrovare dando un senso anche a ciò che sembrava non averne.