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Ritorno alla normalità

Pubblicato da in Parliamone ·
Mancavo dal lavoro ormai da tre mesi, che per l’intensità degli eventi mi erano sembrati tre anni, trent’anni, non so dirlo. Mesi dedicati alla cura della mia malattia, a riprendere il controllo del mio corpo, del mio tempo e del mio spazio, a riconquistare le energie psicofisiche che si erano ridotte. Il lavoro mi mancava. Mi mancava tutto: l’ufficio, i colleghi, la mia piacevole routine, il senso di utilità, il senso di normalità.
Varcare la soglia dell’ufficio, inaspettatamente, mi ha trasmesso emozione, quasi commozione. Mi è sembrato tutto più bello, più nuovo, più entusiasmante, insomma diverso. E anche i miei colleghi mi sono sembrati tutti diversi. Ma in realtà ero io a essere diversa: l’esperienza iniziata e non ancora conclusa mi aveva profondamente trasformata e non sapevo ancora come avrei reagito, non sapevo se avrei retto il peso di tante cose, tutte assieme, non sapevo come mi sarei comportata con gli altri e come gli altri si sarebbero comportati con me. Mi sentivo popolata delle incertezze di un bambino al suo primo giorno di scuola, ma senza la mano salda di mamma e papà che mi accompagnavano.
 Dicevo di quando ho varcato la soglia. Ho trovato i colleghi tutti schierati con un grande sorriso e… un grande mazzo di fiori. Mi sono scese lacrimucce di commozione. Ci siamo abbracciati e non c’è stato bisogno di dire molto: il ghiaccio era rotto e potevo riprendere a scrivere altre pagine della mia vita, senza voltarmi indietro.


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