Fino a qualche anno fa, quando ancora nessuna nube si era palesata all’orizzonte, almeno quella sulla mia salute, vivevo una vita spensierata, diciamo pure frivola. Pensavo a me, alle mie cose, agli hobby, insomma a godermi la vita senza darmi troppo peso per ogni cosa. Non era nemmeno egoismo il mio, è che non ero ancora stata messa alla prova con carichi difficili, che avrebbero rimesso tutto in discussione: priorità e valori delle cose e delle persone.
Poi la malattia. Sistema che va in tilt: prima il buio, poi la rinascita. Ogni fase ha implicato uno sforzo, una riscrittura del mio copione, alla quale non ero preparata. Ma mi sono adattata in fretta, anche perché non avevo alternativa. Del resto nella vita ci si trova quasi sempre di fronte a un bivio: o farsi travolgere dagli eventi, o affrontarli. Possibilmente imparando ogni volta qualcosa. E ho imparato più di qualcosa: su me stessa e sugli altri. Ho capito che la vita poteva avere un senso più profondo, se solo avessi pensato anche agli altri oltre che a me, e ho aperto le porte al volontariato. Un mondo nuovo, fatto di persone che si mettono al servizio degli altri senza aspettarsi niente in cambio. Niente do ut des, quindi: un bel cambio di habitus mentale.
E ora, dopo tutto quanto, posso dire che la mia vita è veramente piena, come non lo era mai stata prima.
