Il perché volessi fare il medico mi è sempre stato chiaro, fin da ragazzo. Mi piaceva l’idea di poter ascoltare, guarire, confortare un gran numero di persone. Persone che non conoscevo, ma che mi sarebbero diventate familiari nel corso della mia vita lavorativa. Volevo fare la differenza nella loro vita e rendere più lievi, per quanto potessi, le loro pene.
Conoscere chiaramente il perché mi ha aiutato a superare il peso dei lunghi studi, degli anni trascorsi sui libri in vista del traguardo, che a volte sembrava allontanarsi di molto. Non ho mai avuto tentennamenti, dubbi o desiderio di cambiare percorso: la medicina era tatuata nel mio DNA. E ancora oggi, dopo circa quarant’anni, amo questa professione come il primo giorno che ho iniziato a praticarla. Niente è cambiato dentro di me: né l’amore per la scoperta né l’attenzione per i pazienti. E penso felice che non avrei voluto fare nient’altro perché la soddisfazione che mi ha regalato il poter essere vicino a tante persone aiutandole a superare momenti difficili è stata immensa.
Ogni giorno, quando incontro i pazienti, mi sento vivo e utile e ritrovare questa sensazione nei loro sorrisi e nelle loro parole mi corrobora nel sapere che ho percorso la via giusta, per me e per loro.
