Alla mia età, quando si è vicini alla novantina, alcune cose imbarazzano, e non poco. So che i giovani possono sorridere all’idea che ci sia qualcuno che ancora si vergogna di spogliarsi davanti a un estraneo, ma è così. Per quelli della mia generazione questa cosa è ancora molto sentita.
Oggi mi tocca la visita dall’urologa e pagherei chissà quale cifra per mandarci qualcun altro al posto mio, ma purtroppo non è possibile.
Sicuramente capisco come si sia sentita ogni volta mia moglie quando si è fatta visitare da medici, intendo uomini. So che la differenza di sesso non andrebbe proprio messa in gioco, perché parliamo di dottori, persone cioè abituate a considerare i pazienti tutti uguali. Sta di fatto che i pazienti però non si sentono uguali davanti a un medico di sesso opposto al proprio!
Mi piacerebbe, per una volta, che entrando nello studio medico, la persona in camice di fronte a me si potesse sedere al posto mio, vivere le mie paure, i miei imbarazzi, le mie incertezze. E io mi potessi mettere nei suoi, di panni. Visiterei il paziente e cercherei di consigliarlo nel migliore dei modi, lo accoglierei con un sorriso mettendolo a suo agio. Però , poi, ripensandoci, mi toccherebbe ascoltare le sue paure, i racconti del suo dolore, confortarlo in caso di diagnosi infausta. Che grande carico sarebbe per me! Ce la farei a trovare il coraggio ogni volta? A trovare le parole giuste senza spaventare? Non lo so.
Sapete che vi dico? Quasi quasi resto nei miei panni: mi conviene!