Il tempo e i soldi in qualche modo si somigliano: più ne hai e più ne sprechi. E così capita che un giorno, cioè 24 ore, cioè 1440 minuti, cioè 86.400 secondi, anzi, lo scrivo in lettere, un giorno, ventiquattro ore, millequattrocentoquaranta minuti, ottantaseimilaquattrocento secondi, scivolino via uno dietro l’altro, come l’acqua dopo la pioggia.
E in questo processo di spreco di risorse preziose, galleggiamo facendo più o meno il necessario. Nessun eccesso, nessuno sforzo, nessuna impresa mirabolante. Tanto, pensiamo, abbiamo tutta la vita davanti a noi. Ma questa illusoria speranza si frantuma in mille pezzi quando un intruso viene a ricordarci che tutto quell’accumulo di ore, minuti e secondi non è un giacimento infinito.
E allora ci mettiamo a fare l’elenco di ciò che abbiamo e non abbiamo fatto, di ciò che ancora vorremmo fare. E viviamo intensamente, succhiando ogni secondo come una caramella a menta che ci da refrigerio.
E mentre facciamo, programmiamo, organizziamo, finiamo per chiederci: ma perché non l’ho fatto prima?
