Tra i tanti posti al mondo in cui NON vorresti mai portare tuo figlio, soprattutto se ha soltanto quattro anni, c’è il reparto di oncologia pediatrica. E’ un posto dove tutte le madri si somigliano, indipendentemente dall’età, la nazionalità, le sembianze fisiche, l’estrazione sociale, la fede religiosa.
Hanno tutte in comune due cose: il dolore e il cuore. Il dolore che stanno vivendo da quando hanno avuto la notizia che ha colpito i loro bambini. E il cuore di una madre che si getterebbe nel fuoco piuttosto che veder soffrire il proprio figlio. Che darebbe la vita per lui. Ma la vita non è come le figurine: non puoi scambiarla con un’altra che ti piace di più. A tuo figlio, per il momento, è toccata questa, e tu non puoi far altro che cercare di rendergliela quanto più sopportabile possibile.
E mentre passeggi, nei pochi momenti in cui tuo figlio si assopisce, nelle corsie del reparto, e scambi quattro chiacchiere con le altre madri sul cui volto sono scritte sofferenza, stanchezza, dubbi e dolore, hai modo di costruire legami, in quella porzione di mondo che è l’ospedale. Forse, una volta uscite dal quel luogo, non vi incontrerete più. O magari vi scambierete visite e telefonate. Ora godete del sollievo che trovate l’una nell’altra. E questa comunione, questa solidarietà ti fa stare bene. Sai che non sei sola. Che oltre ai medici che si prenderanno cura di te ci sono tante donne che lo stanno già facendo.
