Ieri ho chiamato Stefania, una delle mie più care amiche. Da qualche mese assiste il marito nella sua sfida contro il cancro. Sono certa che tutto andrà per il meglio e voglio dirglielo, almeno per risollevarle il morale. La chiamo e già dopo il “Pronto” inizio a sentirmi inadeguata. Mi mancano le parole, ho perso la spontaneità tipica delle nostre interminabili e vivaci chiacchierate al telefono. Balbetto e a fatica riprendo a parlare. Voglio farle sapere che ci sono, che le cose andranno bene, che la vita ritornerà come prima, che il sorriso riapparirà sul suo volto. E allora mi metto con calma e la rincuoro. Ma sento che lei è distante, come su un altro pianeta, e a stento annuisce alle mie parole. Capisco che non è il momento, questo, di parlare di ottimismo, almeno per come la vede lei. Ne ho la certezza quando mi dice “Scusami, ma adesso non ho la forza di parlare, anche se capisco le tue buone intenzioni”. Ci rimango male solo per un po’ perché mi rendo conto che veramente lei adesso sente di appartenere a tutto un altro mondo e io, se le sono veramente amica, devo assolutamente rispettare la sua volontà di starsene in disparte per poi ritornare quando si sentirà più forte per affrontare il mondo.
Una domanda però continua a ronzarmi nella testa “Cosa posso fare per te, cara amica ?”