Stamattina fatico ad alzarmi. La stanchezza dei giorni precedenti si fa sentire e mi trascina, come a non volermi far abbandonare il letto. Cosa c’è che non va oggi?, mi domando, cosa c’è di diverso dagli altri giorni? Avverto un malessere sordo, che non riesce a farsi strada, a diventare pensiero, parole, consapevolezza, persino dentro di me.
Mi attardo. So che dovrei mettere i piedi a terra, ma questo è uno di quei momenti in cui dieci minuti in più possono fare la differenza su come andrà il resto della giornata. Devo rimanere solo con me stesso per affrontare i pazienti che mi aspettano, e a cui devo cure, speranza, condivisione.
Scorro velocemente gli eventi che si sono succeduti nei giorni scorsi e un fotogramma risalta subito: quello di un paziente che ho in cura da anni. A un tratto avverto il peso di questo lungo tempo, che all’improvviso si deposita nella mia mente fino a togliermi il respiro.
Sento di dover dare forza ai pazienti, è il mio compito, oltre a quello di curarli, ma poi mi ricordo di essere umano anch’io, con le mie forze e soprattutto le mie debolezze.
Vorrei che oggi, per una volta, qualcuno si prendesse cura di me e mi trasportasse con leggerezza verso il domani, quando tornerò quello di sempre.