Le mie giornate iniziano sempre molto presto, quando il filo dei pensieri inizia a srotolarsi, interrotto presto dalle telefonate dei pazienti, che mi ricordano che il sonno è solo un breve intervallo tra una giornata e l’altra.
Inizio a carburare e vado incontro alle tante vite che incrocerò, ai loro racconti, alle intense storie umane, fatte di gioie e di dolori. È questo che ho scelto di fare tanti anni fa quando la voglia di diventare un medico si è affacciata con forza e decisione nella mia vita, ed è questo che mi piace continuare a fare, senza sosta, senza scuse: la mia è una missione.
Sento di doverle essere fedele, come pure al giuramento di Ippocrate, che in silenzio, tra me e me, ripeto ogni giorno perché non me ne possa mai dimenticare.
Voglio essere d’aiuto a chi soffre, curare il corpo perché anche l’anima ne benefici, e mettere la mia stanchezza sempre in fondo alla lista delle priorità, perché chi soffre ha sempre la precedenza.
Le ore volano senza che me ne accorga. È solo il buio della sera che mi ricorda che un altro giorno è finito, portandosi con sé ciò che di buono sono riuscita a fare. Ripenso ai pazienti che ho visto guarire, sorridere, stringermi la mano con fiducia e la stanchezza di colpo se ne va via.
Sono pronta per ricominciare, per affrontare un domani tutto da scrivere.